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Quale Visione

  • 25 Luglio 2021
  • Enrico Meo
Caso 1: Arte Bizantina – L’opera nasce con una sostanza espressiva il cui fine è preminentemente metafisico.
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L’arte, privata di una visione critica, si lascia condizionare dal dominio della tecnica e del capitalismo finanziario, rinunciando così alla dimensione di conoscenza attraverso l’intuizione intellettuale che svela l’infinito nel finito e l’azione dei sensi e dei sentimenti. 

La libera provocazione dell’estetologo Dino Formaggio “arte è tutto ciò che gli uomini chiamano arte” oggi trova terreno fertile. Tutto infatti è soggetto alla sudditanza del sistema corrente e ciò comporta la riconfigurazione del mondo dell’artisticità secondo rinnovati apparati concettuali, dinamiche e strumenti.

Sostanzialmente, gli strumenti che hanno caratterizzato da sempre l’arte, perdono il loro valore simbolico e il ruolo alternativo alla conoscenza.

Caso 2: l’opera d’arte originale nasce con intenti metafisici, ma con il tempo l’uomo ne utilizza la forza iconica per sfruttarla attraverso la riproduzione su vari mezzi e supporti (merchandising) a fini materialistici

In questa logica il prodotto visivo diventa qualcosa di non necessario. Si presenta come qualcosa di innocuo e anestetizzato perché l’etica del capitalismo si fonda su di un agire strettamente economico razionale in cui l’arte diventa effimera e priva di senso originario.

L’ opera sottratta a una possibile dimensione di conoscenza interiore di tipo intuitivo e immaginativo, così come concepita dalla tradizione, si consegna al dominio del capitalismo rinunciando naturalmente alle proprie aspirazioni artistiche e a una qualità umana più elevata.

Allo stato attuale, la prospettiva dell’arte si è assestata in un orizzonte di mero pragmatismo e la sua forma di evasione, sotto il dominio dell’ipocrisia, genera una superficiale liberazione ed un’assenza di capacità conoscitiva.


Se la gente sapesse quanto ho lavorato duramente per ottenere la mia maestria, non si meraviglierebbe affatto.

Michelangelo buonarroti

Un percorso monco che non dà spazio allo stato psicologico dell’artista per cui lo spirito che anima le cose risulta anchilosato e non riesce a promuovere delle emozioni adeguate al risveglio delle qualità percettive.

Dobbiamo riconoscere che oggi siamo scollegati psicologicamente e la nostra avida attività di possesso non è che una perdita di tempo, perché limita la nostra possibilità di crescita. 

Lo scopo della vita non la possiamo circoscrivere al solo godimento materiale, bisogna rinunciare al desiderio di gratificazione dei sensi e puntare ad una appercezione del mondo circostante. 

Caso 3: L’opera d’arte ha zero sostanza metafisica e nasce al solo scopo di soddisfare obiettivi materialistici, dichiarando apertamente l’inganno e dicendo in faccia ai possibili acquirenti che sono incapaci di riconoscerlo.

Se la mente è il centro motore del nostro corpo, il nostro obiettivo dovrà essere quello di controllare i vari processi mentali con l’intenzione di guidarla su principi che invitano a chiudere con l’esistenza materiale. 

Naturalmente, mettere fine all’esistenza materiale non significa entrare in un “vuoto”, cioè in una esistenza fatta di sola fantasia ma, andare alla conquista di questo nuovo spazio che permetterà di sviluppare una forma di vita più umana.       

                                     

Enrico Meo
Formazione artistica Sin da ragazzo frequenta le più prestigiose botteghe d’arte della…
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