Questa intervista a Nicola Samorì, artista nato in Italia nel 1977 ed affermatosi come autore dal percorso espressivo molto caratterizzato, ha il grande pregio di sollevare tra i più importanti temi di dibattito per tutti coloro che nel nostro tempo sono orientati alla figurazione nelle Arti.
Interpellato in qualità di componente della giuria internazionale di “Figurativas”, Premio Internazionale d’Arte, edizione 2017, spiega di come il confronto con gli altri giurati sia stato acceso ma proficuo, e quanto eventi di questo genere contribuiscano a riportare sulla scena un intero ambito espressivo che il sistema dell’arte ha in questi ultimi decenni progressivamente snobbato.
Una immagine è una muta evidenza: questo è il potere della pittura.
Nicola Samorì
La proprietà quasi chirurgica con cui, da artista, tratta concetti espressivi cruciali nelle tematiche artistiche del nostro tempo, per autori ed appassionati d’arte rappresenta certamente una voce da ascoltare con attenzione ed un esempio di lucidità con cui confrontarsi.
Figurativas | Premio internazionale
“Figurativas”, il concorso internazionale di pittura e scultura di cui segnaliamo di seguito i link e l’immagine di riferimento, giunge con quest’anno alla 11° edizione, ed è ormai una iniziativa importante e considerata da parte della generazione di artisti che si discostano dalle tendenze mainstream.
Museo Europeo de Arte Moderno
Il MEAM, Museo Europeo de Arte Moderno, istituzione che aprì le porte nel 2011 a Barcellona grazie allo sforzo de FUNDACIÓ DE LES ARTS I ELS ARTISTES, si è proposto come obiettivo di riportare al centro della scena artistica la pittura e la scultura figurativa, controbilanciando l’enfasi che le istituzioni pubbliche e private hanno dato nelle tendenze culturali e di mercato a tutti gli altri linguaggi artistici.
Nell’ambito della sua attività di promozione dell’Arte e degli Artisti, un posto importante è rappresentato dai concorsi internazionali che indice, dei quali “Figurativas” che ha cadenza annuale, rappresenta uno dei più affermati ed è ormai un momento di confronto e dibattito di grande spessore ed interesse per il futuro.
La giuria, oltre al Presidente della Fondazione, Josè Manuel Infiesta, riunisce artisti affermati e operatori del mondo dell’Arte con un orientamento diverso rispetto alla narrazione ed alle tendenze di un mercato gestito da una elite finanziaria che opera con logiche di mero profitto.
Come bene spiega in questa intervista l’architetto Josè Manuel Infiesta, creatore della Fondazione e Presidente del MEAM, “nel secolo XX l’Arte è caduta in mano agli speculatori finanziari” ed “è giunta l’ora di riavvicinare l’Arte alla gente”.
È di estremo interesse leggere i principii ispiratori e gli obiettivi che Il MEAM di Barcelona si è posto, che ha raccolto in un vero e proprio Manifesto. In esso potremo trovare molti concetti e parole chiave che popoleranno sempre di più il dibattito artistico nel futuro prossimo. Li abbiamo tradotti dallo spagnolo poiché ogni realtà che abbia una certa analogia di intenti con questa può trovare conforto e spunto nella propria azione. Condividere visioni e linee di iniziativa può portare sinergie virtuose, che facilitano ed accelerano quei cambiamenti della società che la Storia decreta essere necessari per evolvere.
Museo Europeo d’Arte Moderna Barcelona
Manifesto a favore di un nuovo concetto per l’Arte Contemporanea.
Nel giugno 2011, MEAM ha finalmente potuto aprire i battenti, con il patrocinio della “Fundació de les Arts i Lei Artistes”, fondazione creata nel 2005 per promuovere gli artisti figurativi. Il MEAM è così diventato la prima e più diretta incarnazione materiale di un percorso di lavoro e impegno che la Fondazione ha mantenuto sin dal suo inizio. L’apertura del Museo non è la fine di nessuna tappa, ma piuttosto l’inizio di una traiettoria che, in poco tempo, è arrivata ad influenzare ampi settori dell’arte contemporanea internazionale.
L’inaugurazione delle porte di questo Museo ha rappresentato un punto di svolta nel livello di penetrazione dell’arte figurativa in ampi settori della società odierna, e ha generato un cambio di prospettiva in molti professionisti dell’Arte, che stanno cominciando a capire che l’Arte del nostro secolo ha già bisogno di nuovi approcci e nuovi obiettivi, molto slegati da canoni e luoghi comuni ereditati dal secolo precedente.
Il suo fondatore, José Manuel Infiesta, architetto e promotore immobiliare, ha visto come nel 2008-2009 tutti i suoi progetti professionali sono crollati in un profondo terremoto che ha lasciato architetti e costruttori sull’orlo del baratro. La verità è che, in un dato momento, pochissimi scommettevano sulla sopravvivenza di un’istituzione nata con tali segni di debolezza e così orfana di sostegno istituzionale o finanziario.
Ma la Fondazione ha trovato una base inaspettata di solidità e ampio sostegno in determinati settori della società: è la forza degli artisti stessi. È il sostegno di migliaia e migliaia di autori che, anno dopo anno, gli hanno dato il loro riconoscimento e hanno reso la Fondazione una vera incarnazione della lotta di ciascuno di loro per ottenere un riconoscimento dalla società. Ed è che la Fondazione già è e sarà ciò che gli artisti vogliono che sia. Perché sono la sua unica ragione d’essere. Essi sono la scusa che giustifica la sua esistenza. E quanta più coesione e unità esiste tra loro, più giustificazione avrà la Fondazione per continuare a far conoscere al mondo un’opera collettiva determinata a non continuare ad essere marginalizzata dalle pagine della storia dell’arte contemporanea.
Il MEAM è diventato il tempio di questa nuova religione, la religione di chi crede, nel XXI secolo, in una nuova espressione della contemporaneità nell’Arte. Un’Arte che non si conforma più alla sperimentazione fine a se stessa, né del continuo provare forme e colori senza giungere ad alcun prodotto definitivo, né del culto del baccano per il baccano, né della realizzazione di montaggi cinematografici condannati ad annoiare. E quella nuova espressione richiede, ancora una volta, un’arte diretta, espressa, rotonda, assoluta, reale, intelligibile e geniale, capace di generare illusioni e suscitare ammirazione in ampi settori della popolazione che, in questo modo, tornerà a far la pace con l’Arte del suo tempo e a sognare con illusioni oggi come oggi totalmente dimenticate.
Il fatto è che l’Arte deve essere assimilata dallo spettatore, deve essere in grado di parlare la sua lingua, generare illusioni, suscitare ammirazione, aprire la scatola dei sogni. L’Arte deve essere indirizzata all’uomo della strada, non all’erudito o allo specialista. L’Arte deve parlare la lingua delle persone, non quella degli accademici.
L’intellettuale può scrivere saggi interessanti sull’essenza dell’Arte, ma l’artista non vive di questi saggi. Gli accademici possono applaudire artisti già consacrati, ma questo non garantisce affatto che essi sopravviveranno al loro tempo. L’unica cosa che dà significato all’Arte è la sua capacità di connettersi con le persone, di raggiungere le persone del proprio momento storico, di raggiungere la sensibilità di uno spettatore medio e di sedurlo. E la verità è che per questo non servono lauree o diplomi. Basta saper creare.
L’astrazione, e tutti gli ismi nati e progrediti come un processo di rottura con l’arte nel corso del XX secolo, hanno finito per alimentare generazioni di artisti che ora siedono nelle accademie e nei musei di arte contemporanea e che impongono i loro canoni estetici assolutamente intransigenti in tutte le istituzioni ufficiali. La sperimentazione occupa tutte le fiere e le manifestazioni dell’arte più attuale, come se fosse una sua riserva privata. E quell’odore iniziale di aria fresca, di rottura, di novità, quasi bohémien, che le avanguardie di cento anni fa portavano con sé, ha lasciato il posto a un tremendo odore di stantio, banale, ripetitivo, formale e, infine, noioso. Perché, in verità, si scopre che alla fine non c’è niente di più noioso della insistita ripetizione di ciò che si dice essere nuovo quando ha invece perso il fascino della novità.
L’arte moderna, che fino ad ora si credeva avesse il diritto di appropriarsi esclusivamente dell’aggettivo di contemporanea, ha smesso di dire cose interessanti, e si limita a mantenere gli interessi di un mercato che ne ha bisogno per non crollare. Il mercato dell’arte contemporanea è un mostro che si nutre di se stesso, che custodisce i suoi mostri sacri in urne di formaldeide, che vive di nomi che ha reso artificialmente famosi ma che hanno già perso ogni fascino, e che si manterrà solo finché avrà la capacità economica di mantenere il “bluff” nelle pagine della critica internazionale.
Ciò che il MEAM presenta, ciò che il MEAM rappresenta, è semplicemente un altro modo, profondamente originale e nuovo, di vedere e sentire l’Arte dei nostri giorni. E, dopo pochi anni di esistenza, la rivoluzione che questa boccata d’aria fresca ha portato nel mondo dei creatori raggiungerà gradualmente ogni angolo, generando un nuovo modo di concepire i percorsi dell’arte contemporanea.
È un ritorno alle origini che ripetutamente ci erano state nascoste. È un recupero del contenuto di quei musei che ci avevano promesso che avrebbero distrutto. È il riconoscimento di valori negati, e negati ancora oggi, nelle università e nelle scuole. È il valore della qualità come qualcosa di importante, al di sopra della semplice novità. È il recupero della tradizione, è il ritorno al mestiere, è l’importanza del lavoro personale in solitudine come fonte fondamentale dell’atto creativo, è il culto del genio (fino ad ora screditato), è il riconoscimento di le opere dei grandi maestri come una freccia che indica la via da seguire.
È il ritorno a virtù come la perseveranza, la costanza, la creazione personale, la tenacia e il culto della propria personalità, di fronte alle terribili imposizioni del mercato, di fronte alle linee guida di commercianti e critici coinvolti nel sistema. È abbandonare la demagogia per tornare all’intimità della bottega dell’artista, è il ritorno al culto della creazione personale, è il piacere, il piacere immenso di fare del proprio ego l’opera d’arte suprema, attraverso una professione elaborata, meditata ed a lungo perseguita.
La Collezione d’Arte Figurativa Contemporanea del secolo XXI, che costituisce oggi una delle più interessanti collezioni d’Arte nel nostro Paese, è un omaggio a tutti quegli artisti che ci hanno accompagnato in questo lungo viaggio, che hanno collaborato con noi affinché una più e più pubblico può godere del loro lavoro, e continuano a lavorare con l’illusione di creare un lavoro che sopravviva loro, che supera le nostre piccole e brevi vite, e che finalmente è ammirato e riconosciuto dalla maggior parte dei nostri contemporanei.
Il MEAM non può nascondere il suo orgoglio di essere la prima istituzione, con una sede fisica reale, stabile e permanente, che osa presentare una vasta collezione di opere d’Arte di artisti viventi, che il pubblico apprezza e applaude. E allo stesso tempo al MEAM sentiamo la frustrazione di non avere abbastanza mezzi per includere in questa mostra il lavoro di tanti altri artisti, altrettanto squisiti, che non hanno potuto essere inclusi tra le mura del nostro museo. Speriamo poco a poco di porre rimedio a questa situazione, permettendoci di raggiungere sempre più artisti e più paesi, in questa corrente, ormai inarrestabile, che sta cambiando le fondamenta stesse dell’arte contemporanea.
Che il visitatore entri in questo spazio pieno di sensibilità, impari a passeggiare per le sue stanze, assaporando i tanti angoli squisiti che ospita, gustando la sensazione di piacere che la pittura, la scultura e la musica vogliono regalargli, per lasciare un ricordo indelebile. Ognuna delle opere esposte sulle nostre pareti è collocata per accompagnarlo nel suo soggiorno con noi e, in seguito, quando torna nel mondo esterno, lasciare nella sua mente un ricordo bello, intimo e confortante, la sensazione che anche un altro mondo sia possibile.