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la porta di William

  • 21 Dicembre 2022
  • Redazione
Door to the river – William de Kooning
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Dicevano tutti che William era “un gran disegnatore”. Tutti lo dicevano che quel pittore con la faccia da olandese nato in Olanda sapeva disegnare, e lo sapeva fare in modo Cosmicamente Adorabile sin da ragazzino.

Beh, a dirla tutta William de Kooning da adolescente sapeva disegnare uno still life appena sufficiente per poter entrare in una scuola d’Arte, in seguito le opere in disegno mostrano che non migliorò di molto. Quando pensò di proseguire con la pittura di figura, gli esiti denunciarono a colpo d’occhio la sua condizione di epigono vorreimanonposso di Picassoperiodorosa con quasi quarant’anni di ritardo, ma lui aveva in mente grandi cose per la sua carriera!

Voleva che nei suoi dipinti si vedesse la forza e la velocità. Il vigore delle sue braccia muscolose che la moglie Elaine guardava mentre egli era al lavoro. Voleva che tutti lo riconoscessero come un grande. Quindi cominciò a togliere tutto quello che faceva di un dipinto un… dipinto.

Le forme, prima di tutto. Quindi le proporzioni. Infine il costrutto. William voleva che Clement Greemberg sapesse che non avrebbe più praticato la pittura convenzionale, da cavalletto, figurativa. Basta con quelle cose serie. Lui sarebbe stato il campione della Nuova Arte, fatta di gesti immediati, per cogliere il Transitorio.

Avrebbe dipinto con la massima rapidità, con grossi pennelli da imbianchino, pochi colori puri, grosse tele adoperate così come le preparavano i colorifici industriali, altro che prepararsi il fondo di imprimitura come avevano fatto gli artisti fino ad allora. I suoi quadri dovevano essere il risultato di “uno sguardo sfuggente”, come lui amava dire.

Voleva fare qualcosa di Cosmicamente Adorabile. Voleva farlo a tutti i costi, voleva che il Caso con la maiuscola entrasse di prepotenza nel suo modo di fare arte. “Non è come il poker, dove puoi costruire una scala colore o qualcosa del genere. È come lanciare i dadi.” Quello che esce, esce. E tutti lo devono considerare come qualcosa di sacro. Tutto il mondo, non solo l’America. E tutti quelli che pensavano male di lui.

Lo avrebbe fatto. In fondo era un fiammingo. I fiamminghi hanno fatto meglio di tutti in pittura, e lui sarebbe stato il più fiammingo di tutti. Voleva mescolare dell’acqua al colore ed alla vernice, per creare emulsioni e bolle sulla tela, per rendere fluide le campiture, luminosi gli effetti. Luce e acqua, come i canali che solcano la sua Olanda. Una cosa Cosmicamente Adorabile.

Prese una grande tela e tre colori primari. Al rosso e al blu aggiunse del bianco di zinco, il giallo lo lasciò puro. Con pennellessa da imbianchino vibrò pochi e larghi colpi sulla tela, in tutte le direzioni oltre alle due principali e completò l’opera lasciando che il caso facesse il resto.

Dopo pochi minuti osservò l’opera finita e intravedendo una porta nella pennellata più scura al centro, intitolò il dipinto “Door to the river”. C’era una fluidità e una apertura rettangolare, “Porta sul Fiume” era quello che la categorizzazione Namer and Guesser del suo apparato percettivo suggeriva. Insomma la prima associazione di idee che gli venne in mente.

Per dare un titolo ad una opera astratta, o se ne sceglie uno per sempre e poi si aggiunge una numerazione, oppure si intitola “senza titolo”, oppure se si è più tradizionalisti si sceglie un titolo evocativo qualunque. Lo sanno tutti ormai che l’arte astratta è un fenomeno che avviene nella mente degli umani, nel mondo ci sono solo forme che quando sono ignote anche a chi le ha create, per essere comprese devono associarsi a qualcosa di conosciuto.

“Sono diventato l’Hemingway della pittura” pensava spesso William. E se ne convinceva giorno dopo giorno. Tutto ridotto al minimo dei minimi, il senso più profondo del dipinto lo spettatore lo deve trovare in ciò che nell’opera non c’è. “La mia pittura è come un iceberg, quello che si vede è solo un ottavo della massa totale, il resto della forza sta in quello che non ho dipinto.”

Una magnifica frase ad effetto che pur senza alcun fondamento, risultava irresistibile per quasi ogni spettatore o giornalista dell’epoca.

Tempo dopo un famoso museo acquistò la sua opera con la porta. E qualcuno scrisse che se non fosse stata acquistata da un museo, il proprietario non avrebbe avuto bisogno di guardare la televisione, se l’avesse appesa in salotto davanti al divano. Osservazione bizzarra, visto che in realtà nessuno di noi ha il benché minimo bisogno di guardare la televisione.

In ogni caso William passò a miglior vita contento per il grande successo ottenuto dal suo stile in cui non dipingeva niente, ma lo faceva con grande rapidità, a caso e con sguardo sfuggente. Dall’altro mondo si diverte come un matto nel vedere come una sua tela astratta sia stata battuta in asta a 300 milioni di dollari, la seconda battuta di sempre. Insomma un business Cosmicamente Adorabile.

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