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La banalità di un’opera di Brancusi.

  • 10 Maggio 2021
  • Alberto Melari
Constantin Brancusi -“Bird in Space”
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Spulciando nel web incappo in un video che parla di una scultura di Brancusi. Intitolata “Uccello nello spazio”.

Personalmente la trovo orribile. Ma questo è il mio giudizio. Me ne distacco immediatamente per cercare un punto di vista più oggettivo.

Una volta distaccato (nonostante quello) la guardo e non posso che pensare che ho di fronte l’ennesima grande bufala proposta nell’arte moderna.

L’ennesimo artista che un assordante chiacchiericcio critico ti racconta intento in una spasmodica ricerca che dopo un lungo e sofferto studio approda a soluzioni …bla …bla …bla …

Ringrazio la critica.

Alla fine quello che vedo è una disarmante banalità. L’ennesima.

Una banalità che però fa finire l’autore nei libri di storia dell’arte e le sue opere nei musei.

Se hai già frequentato l’arte quanto basta per conoscerne gli schemi … e se non sei propenso ad uniformarti… e se fai lo sforzo di far finta di non voler vedere che certi autori si sono comodamente abbandonati a facili soluzioni che li portavano verso le vette del successo con poco, sai già cha l’autore, nel tempo in cui ha prodotto l’opera, altro non avrebbe fatto che applicare il principio del “rinnovamento del linguaggio artistico”.

Un principio sacrosanto. Per carità! L’arte deve rinnovarsi, deve viaggiare verso nuove soluzioni.

E cosa vuoi dire di fronte a quel principio? C’è sempre stato. L’arte si è sempre adattata alla visione del mondo del tempo in cui è stata prodotta.  Tutta la modernità è stata impregnata di questo principio.

Talmente tanto impregnata da dimenticarne uno che, secondo la più banale logica di buon senso, dovrebbe venire molto prima. Ovvero: l’arte dovrebbe prima di tutto “funzionare”.

Su che cosa significa “funzionare” sono state spese altrettanto assordanti chiacchiere. Altrettanto inutili.

Però a rispondere, nel caso di Brancusi è il video stesso che parla dell’opera in esame.

Infatti verso la fine del video viene raccontato un aneddoto. L’opera venne spedita negli USA. Alla frontiera si rifiutarono di accettare l’esenzione da tasse dovuta alle opere d’arte perché non venne riconosciuta come tale.

Lo scultore Constantin Brancusi in un ritratto di Edward Steichen

Ecco in breve cosa significa funzionare. Il principio è semplicissimo. Non si tratta di stabilire se è un’opera ben riuscita o no. Qui si tratta del fatto che l’opera non è stata capace nemmeno di farsi riconoscere come opera.

A questo punto ha senso chiedersi se è riuscita o meno come scultura?

L’obiezione in chi è allenato ad uniformarsi è immediata e scatta automatica come i sistemi di sicurezza della centralina dell’automobile quando il computer di bordo segnala una situazione di pericolo.

In questo caso il pericolo è quello di dover mettere in discussione opinioni tanto care che fanno sentire le persone così bene inseriti e coccolate dal paradigma del pensiero unico.  

Pazienza se sono opinioni idiote che ci portano ad ostentare ammirazione di fronte ad un’opera di una banalità stratosferica.

Alcuni obietteranno che gli addetti della frontiera non potevano avere il giusto spessore culturale per “capire” l’opera di Brancusi.

Certo. Perché le opere d’arte si fanno solo per i grandi intellettuali.

Per quegli spiriti eletti (… da chi?)  con una cultura certificata (… da chi?) capaci di cogliere il profondo senso formale (… quale?) contenuto in opere orribili come quella di Brancusi.

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